Mercoledì 6 Aprile 2016
Il salotto letterario di Frequenze Visive dello scorso 6 aprile è stato in compagnia di Joan Fontcuberta e del suo libro “La (foto)camera di Pandora”.
Fontcuberta, fotografo, critico, insegnante, saggista, ha riunito un insieme di riflessioni sulla fotografia in questo testo dalla lettura scorrevole, pieno di aneddoti divertenti, denso di concetti, tutti affrontati sempre con tono leggero.
Il libro parla molto di società e del suo rapporto con la fotografia, analizzandone l’evoluzione tra passato, presente e futuro.
Uno dei temi principali del libro è il nesso tra la fotografia e la realtà. Sin dagli inizi, all’immagine fotografica è sempre stato associato un forte grado di realismo; questa caratteristica però si è andata via via perdendo, in particolare nel passaggio dalla fotografia analogica a quella digitale, che consente elaborazioni sempre più spinte e alla portata di tutti.
L’elaborazione delle immagini, potenziata dalle nuove tecnologie, può essere portata all’estremo, fino alla perdita di ogni connotazione realistica. Conseguenza di ciò è la diffusione di un atteggiamento di sfiducia, che porta al presupposto che la fotografia può essere un imbroglio. Tutto ciò stimola riflessioni molto più ampie, considerando che la vita stessa può essere considerata un grosso imbroglio; da qui si comprende come negli ultimi tempi sia sempre più sentita l’esigenza di sincerità, di lealtà nella fotografia, che non significa mettere al bando l’elaborazione delle immagini o la manipolazione delle fotografie al servizio dell’espressività dell’artista.
La fotografia è spesso associata alla definizione dell’identità, proprio per le sue caratteristiche di realismo. Nel capitolo intitolato “Identità in fuga”, Fontcuberta ci racconta i lavori e le ricerche di vari fotografi e ci fa capire come nel mondo contemporaneo per ciascuno di noi ci siano identità multiple che corrispondono ai vari aspetti della nostra personalità.
Un altro capitolo che ci è piaciuto molto è quello che parla dell’immagine latente, ovvero di immagine non manifesta, invisibile, ma non per questo inesistente. Molti artisti hanno utilizzato le caratteristiche di latenza dell’immagine, tipiche della fotografia analogica, per performance artistiche fortemente evocative. Il confronto tra fotografia digitale e analogica, un tema ricorrente nelle nostre discussioni, ci ha portato ad approfondire i diversi approcci e la differente natura tra i due tipi di fotografia. Ci è sembrato che in un qualche modo la fotografia analogica possa essere associata all’ontologia, ovvero alla manifestazione dell’essenza delle cose, e a un fatalismo insito nella non immediata presenza dell’immagine, mentre le caratteristiche della fotografia digitale la possono fare associare alla teleologia, per via della possibilità di asservirsi con facilità a un fine ben preciso.
Di seguito riportiamo alcuni estratti del libro che abbiamo trovato particolarmente significativi.
“Siamo diventati ciechi davanti alla ipervisibilità del mondo. Di tanto vedere non vediamo più nulla: l’eccesso di visione conduce alla cecità per saturazione. Questo sistema contagia altre sfere della nostra esperienza: se in passato la censura veniva applicata, privandoci dell’informazione, oggi invece la disinformazione ci sommerge in una sovrabbondanza indiscriminata e indigeribile di informazioni”.
“L’eccessivo controllo e la perfezione troppo a portata di mano, l’assenza di spontaneità e l’abolizione del caso, sembrano virtù, ma finiscono col diventare fattori snaturalizzanti la cui conseguenza sono opere superficiali, rigide e prive di emozione”.
“L’avvicinamento ci offre il dettaglio, ma conduce alla miopia: elimina la cornice, ci impedisce di comprendere la situazione globale. Capa si avvicina fisicamente – e così è partecipe e coinvolto – per potersi allontanare otticamente – e così spiega e fa conoscere. Lo troviamo in prima linea, accanto al soldato che spara o a quello che riceve una raffica, ma il grandangolo del suo apparecchio riporta l’intera scena”.
“La fotografia è il fotogiornalismo; il resto è pittura”.
“La fotografia digitale ha poco della fotografia secondo i suoi modelli genealogici.
Bisognerebbe con maggiore rigore chiamarla “infografica figurativa” o “pittura digitale realista” o ancor meglio inventare un termine specifico o qualche acronimo che potesse rapidamente prendere piede. C’è maggiore differenza semantica tra fotografia anlogica e digitale che tra cinema e video. E a nessuno verrebbe oggi in mente di chiamare il video “cinema elettronico” o “cinema su banda magnetica”. La persistenza del vocabolo “fotografia” distorce le nostre aspettative”.
Rita Rossi
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Travolta dalla tecnologia digitale, destituita delle sue funzioni essenziali, la fotografia è diventata ormai qualcosa di diverso da quanto per anni, potremmo dire per secoli, siamo stati abituati a pensare.
Contro l’attuale sconcerto, se non addirittura cecità fotografica, Joan Fontcuberta, fotografo, studioso e attento osservatore della contemporanea “società delle immagini”, in questo libro esamina quel che rimane, oggi, della fotografia.
A proposito di una foto possiamo ancora parlare di autenticità o di documento attendibile?
E cosa resta, in questo momento di cambiamento, di quei valori che negli anni hanno permesso alla fotografia di modellare lo sguardo moderno e contribuire, in un certo modo, alla nostra felicità? Fedele al principio che una fotografia vale più di mille bugie, Fontcuberta ci porta in un viaggio ironico ed erudito intorno a cosa sia la nuova fotografia (digitale) e ci spiega in che modo dobbiamo imparare a non temere, ma anzi assecondare, lo smarrimento fotografico che ci provoca.
Riflessioni critiche ed evocazioni poetiche si alternano in questo libro intorno al valore di una nuova, postmoderna (foto) camera di Pandora. Una camera delle meraviglie che non si limita più a descrivere il nostro ambiente, ma vuole mettere in ordine e in chiaro i nostri sentimenti, la nostra memoria e la nostra vita. L’arte della luce aspira ora a diventare arte della lucidità.
Pigri della lettura! …se finora avete sempre trovato una scusa per non leggere libri, noi vi diamo l’opportunità per iniziare a farlo.
La fotografia è cultura! e poter condividere con altri impressioni, dubbi, riflessioni è il metodo migliore per superare la pigrizia e diventare fotografi più colti e consapevoli.
Non basta solo scattare per crescere. La fotografia è filosofia, è riflessione, è un insieme di storie incredibili e di scatti stupefacenti che per essere compresi meglio non possono prescindere dal leggere.
Il sesto incontro si terrà a mercoledì’ 6 aprile 2016 alle ore 21.00 presso la sede di Frequenze Visive in Via Montale 1 a Vigonovo. Ingresso libero.
FIGO! VOGLIO VENIRE! COME FUNZIONA? Leggi il libro “La (foto)camera di Pandora. La fotografi@ dopo la fotografia – Joan Fontcuberta ” o vieni per sentire le impressioni di chi lo ha letto.
Vogliamo sentire la tua voce! Ognuno può dare un prezioso contributo con la propria testa!
Ti aspettiamo!!!!!!