Amsterdam di Elisabetta Ziliotto
Testo di presentazione della mostra
C’è una grossa differenza tra una vacanza e un viaggio: in ferie ti riposi dopo un faticoso anno di lavoro, sei come anestetizzato dal relax, e passi il tempo a ripeterti che devi assolutamente divertirti. Le destinazioni che scegli sono oasi atte a ritemprare spirito e corpo e spesso la parola d’obbligo è rilassarsi. Durante un viaggio invece non te ne frega niente di riposarti, ti nutri di quello che vedi, a volte impari nuovi vocaboli, curiosi nella vita di persone che forse non rivedrai mai più, in una parola sola VIVI!”
Nei miei vagabondaggi ho naturalmente visto molte cose e incontrato molte persone,alcune sono scivolate via senza sfiorarmi più di tanto altre, semplici flash, rimarranno per sempre impresse nella memoria. Sono gli attimi in cui ho più vissuto un luogo, un volto, un oggetto e quando mi metto ad evocare e a catalogare le immagini più marcate e incise dal tempo, quelle che tendono a coagularsi con maggiore plasticità nella trama del ricordo della capitale olandese, ecco che ritrovo subito il volto chiaro e scavato di un giovane uomo, un canale che si apre tra decine di “occhi” distribuiti su case che si specchiano nell’acqua, teste bionde che attraversano brecce nel muro di un bar e servono pinte di birra ad avventori assetati e mi dico che Amsterdam è esattamente quella che ritrovo tra queste pagine. Visioni che hanno la forza di ispirare la fantasia o il ricordo dell’osservatore in modo tale da indurlo ad immergersi nella vita di questo paese ed entrarvi a farne parte per un momento. Il bambino che corre dietro al pallone ed evita con un balzo la pozzanghera, il colore della cioccolata che si mescola al fumo che sale dalla tazza, la curiosità di un cane che si arrampica attratto dall’odore, la carezza del vento su un tulipano che si inchina in un cortile, il respiro della gente che si muove, corre, sorride e vive senza paura. Spaccati di vita magistralmente raccontati da questi fotografi, che riescono a risvegliare, in modo quasi giocoso, la meraviglia di una città turbolenta e ingegnosa, portando l’osservatore, che si immerge tra le pagine di questo libro, a condividere la quotidianità di una metropoli troppo spesso etichettata in cliché che non le calzano per niente. La capitale olandese non è Amburgo, né Stoccolma e soprattutto non è Venezia. Nella realtà le due città non possono essere minimamente confuse e queste fotografie lo raccontano appieno, rivelando non solo angoli unici del sistema complesso di questo capolavoro di urbanistica, ma soprattutto la vera anima di una città bella da vivere senza l’impaccio di un parcheggio, pedalando con tutti i sensi protesi a carpirne gli umori segreti. Molti di questi scatti raccontano che qui le biciclette sono d’obbligo e sciamano silenziose, verdi, gialle, viola, personalizzate con un colore, con un cesto, con un fiocco. In città ce ne sono oltre 600 mila e una diceria locale afferma con sicurezza che i suoi canali hanno ufficialmente una profondità di tre metri: un metro corrisponde al livello dell’acqua, un metro rappresenta lo spessore della fanghiglia accumulatosi nel tempo e l’ultimo metro è occupato da tutte le due ruote che negli anni vi sono “rovinosamente” scivolate dentro.
In my wanderings I have naturally seen many things and met many people; some have slipped away without touching me deeply; others will remain as flashes of light, forever recorded in my memory.
In such cases I have acutely experienced a place, face or object; and when I set out to evoke and classify the images most sharply engraved by time—those tending to take shape most concretely in the memory web of Holland’s capital city—I immediately rediscover the light-complexioned, emaciated face of a young man; a canal opening out before tens of “eyes” scattered among houses reflected in the water; blond heads crossing through cracks in the wall of a bar, to serve pints of beer to thirsty customers. Then, I tell myself that Amsterdam is exactly what I find again in these pages.
Such visions forcefully inspire the fantasy or memory of the observer, leading us to immerse ourselves in the life of the country and, for a moment, to become part of it. The child running after a ball who hopes to avoid stepping in a puddle; the chocolate brown mixed with steam rising from a cup; the curiosity of a dog straining up toward an enticing smell; the caress of the wind on a tulip bowing in a courtyard; the breath of people moving, running, smiling, living fearlessly. Such slices of life are finely narrated by these photographs, which playfully reawaken our wonder over a turbulent, ingenious city. An observer immersed in the pages of this book is led to share in the daily life of a metropolis often labeled using clichés most inappropriate to it.
The Dutch capital is not Hamburg, nor Stockholm; above all, it is not Venice. In the real world, the two cities cannot be mistaken for one another, as attested fully by these photographs. The images reveal not only unique corners in the complex system of this urban masterpiece, but above all, the true soul of a city to be enjoyed without the problem of parking, by pedaling with all our senses straining to capture its secret humors.
Many of these snapshots tell us that here, bicycles are obligatory; silently they flock through the city, green, yellow, purple, personalized by a color, a basket, a ribbon. There are over six hundred thousand of them in the city. According to local lore, the canals are officially three meters deep: one meter corresponds to water level, one meter represents the thickness of the mud layer built up over time, and the last meter is formed by all the bikes which, through the years, have skidded and fallen into the canal.