LISBONA di Marika Giantin
Testo di presentazione della mostra
ITA
Non v’è miglior mezzo di narrazione della fotografia quando l’intento è il perpetuarsi diun’immagine. E non v’è mezzo di narrazione più opportuno se si desidera raccontare un viaggio.In una città cosmopolita e moderna, eppure ancora conservatrice e tradizionalista quale si presentaLisbona allo spettatore, l’obiettivo fotografico resta il punto di vista più attraente.Una città che conquista senza fretta, induce lentamente il fruitore ad innamorarsene. Ogni angolazione è differente dall’altra, cambia forma a seconda del punto di vista ed ècamaleontica e malleabile secondo la prospettiva dell’osservatore. Una miscela fluttuante di odori,gusti, sapori tra i quali imperante è la fragranza di cannella; colori caleidoscopici moltiplicati all’ennesima potenza dagli azulejos, caratteristiche mattonelle di ceramica sulle quali la lucerimbalza frenetica.
Pavimentazioni irregolari regalano un aspetto giocoso alle passeggiate ed i numerosi tram ed elevadores paiono usciti da vecchie stampe coperte dalla polvere lasciata dal tempo e soccorrono i turisti negli intricati e continui saliscendi.
Botteghe affiancate l’una all’altra imbottite di generi d’utilità d’altri tempi: mercerie, ferramenta, calzolai…Il tutto va a coronare quel clima paesano difficilmente riscontrabile in altre città di tali dimensioni, di tale importanza.
Come nell’Italia degli anni Cinquanta tutt’oggi a Lisbona la gente è seduta placidamente davanti al bar a chiacchierare, senza esser vincolata dalla frenesia e dall’accanimento del tuttofare. E lo scatto fotografico fissa tutto questo. Con la stessa facilità con cui possiamo incontrare due anziane signore cucire sullo scalino del proprio palazzo, altrettanto facilmente si scorge, dal lato opposto della strada, un giovane di colore imbiancare il balcone. E’ il potere della metropoli: razze, etnie e religioni vengono rovesciate nello stesso calderone al fine di essere mescolate senza distinzione, esattamente come gli ingredienti di una pozione magica.
E il gruppo di fotografia ci accompagna per mano lungo le strade, a bordo del mezzo che è simbolo ambivalente della città e del viaggio: il tram. Il risultato è un taccuino da viaggio a narrazione fotografica. Come se il fruitore dell’immagine venisse preso per mano ed accompagnato lungo le strade della metropoli e procedesse, incoraggiato ad osservare esattamente l’immagine che ha colpito il fotografo fino a sfociare nella libera cooperazione tra l’osservatore munito del foro stenopeico ed il soggetto. Tutta l’azione viene mediata dalla macchina che produce, come nel caso delle immagini qui riportate, risultati interessanti proprio perché unici.
Il rifiuto dei consueti elementi di raffinatezza fotografica, quale la composizione studiata a tavolino, non fanno altro che accrescere l’interesse verso risultati puri, privi di artifizi: traduzione istantanea della visione, attraverso il prolungamento dell’occhio: la macchina fotografica.
Prospettive taglienti attraversano antichi viottoli ed indugiano nitide su pareti rattoppate dal tempo, cavi elettrici fendono l’aria tersa dell’estate e si sovraccaricano del peso umano e di quello meccanico senza dare segni di stanchezza, binari e luci che la notte luccicano come serpenti illuminati dalla luna.
Lisbona, metropoli narrata, nella quale i confini tra l’arte e la cosiddetta vita, tra oggetti ed eventi, tra il voluto ed il non intenzionale, tra professionisti e dilettanti, tra nobile e pacchiano, tra la perizia artigiana e gli sbagli fortunati… tutto questo raccolto, al contempo, all’interno della più realista e la più superficiale delle arti mimetiche: la fotografia.
Pavimentazioni irregolari regalano un aspetto giocoso alle passeggiate ed i numerosi tram ed elevadores paiono usciti da vecchie stampe coperte dalla polvere lasciata dal tempo e soccorrono i turisti negli intricati e continui saliscendi.
Botteghe affiancate l’una all’altra imbottite di generi d’utilità d’altri tempi: mercerie, ferramenta, calzolai…Il tutto va a coronare quel clima paesano difficilmente riscontrabile in altre città di tali dimensioni, di tale importanza.
Come nell’Italia degli anni Cinquanta tutt’oggi a Lisbona la gente è seduta placidamente davanti al bar a chiacchierare, senza esser vincolata dalla frenesia e dall’accanimento del tuttofare. E lo scatto fotografico fissa tutto questo. Con la stessa facilità con cui possiamo incontrare due anziane signore cucire sullo scalino del proprio palazzo, altrettanto facilmente si scorge, dal lato opposto della strada, un giovane di colore imbiancare il balcone. E’ il potere della metropoli: razze, etnie e religioni vengono rovesciate nello stesso calderone al fine di essere mescolate senza distinzione, esattamente come gli ingredienti di una pozione magica.
E il gruppo di fotografia ci accompagna per mano lungo le strade, a bordo del mezzo che è simbolo ambivalente della città e del viaggio: il tram. Il risultato è un taccuino da viaggio a narrazione fotografica. Come se il fruitore dell’immagine venisse preso per mano ed accompagnato lungo le strade della metropoli e procedesse, incoraggiato ad osservare esattamente l’immagine che ha colpito il fotografo fino a sfociare nella libera cooperazione tra l’osservatore munito del foro stenopeico ed il soggetto. Tutta l’azione viene mediata dalla macchina che produce, come nel caso delle immagini qui riportate, risultati interessanti proprio perché unici.
Il rifiuto dei consueti elementi di raffinatezza fotografica, quale la composizione studiata a tavolino, non fanno altro che accrescere l’interesse verso risultati puri, privi di artifizi: traduzione istantanea della visione, attraverso il prolungamento dell’occhio: la macchina fotografica.
Prospettive taglienti attraversano antichi viottoli ed indugiano nitide su pareti rattoppate dal tempo, cavi elettrici fendono l’aria tersa dell’estate e si sovraccaricano del peso umano e di quello meccanico senza dare segni di stanchezza, binari e luci che la notte luccicano come serpenti illuminati dalla luna.
Lisbona, metropoli narrata, nella quale i confini tra l’arte e la cosiddetta vita, tra oggetti ed eventi, tra il voluto ed il non intenzionale, tra professionisti e dilettanti, tra nobile e pacchiano, tra la perizia artigiana e gli sbagli fortunati… tutto questo raccolto, al contempo, all’interno della più realista e la più superficiale delle arti mimetiche: la fotografia.
ENG
There’s no narration mean better than photography when the aim is the lasting of an image. And there’s no more appropriate narration mean if you want to recount a voyage.
In a cosmopolitan and modern, yet still conservative and traditionalist city as Lisbona appears to the observer, the photographical lens remains the more attractive point of view.
A city which wins you without hurry, slowly induces the enjoyer to fall in love with it. Every angle-shot is different from each other, it changes its shape according to the point of view and results fickle and malleable according to the perspective of the watcher. A floating mix of smells, tastes, flavours among which the fragrance of cinnamon is imperative; kaleidoscopic colors multiplied hundreds of
times by azulejos, characteristic tiles made of pottery on which light bounces back, frenzy. The irregular pavings give a gay aspect to the promenades, and the several trams and elevadores look like coming straight from old prints covered by the dust left by time; they come to the aid of the tourists throughout the tangled and continuous hilly streets.
Shops next to each other, stuffed by old times’ utility articles: haberdashers’, ironmonger’s shops, shoemakers… everything crowns that country climate which is difficult to be recognized in other cities of those dimensions, of such an importance.
As in the Italy of the 50s, even nowadays in Lisbona the people sits placidly in front of the cafés, chatting, not bound at all by the craze and and the persistence of the smania of ‘doing’. And the photographical release fixes all this. As easily as we can meet two old women sewing on the steps of their house, we can also notice, on the opposite side of the street, a coloured joung man whitewashing the balcony. It’s the power of metropolis: races, etnies and religions are overturned in the same melting pot, at the aim of being mixed without distinction, exactly as the ingredients of a magic potion.
And the group of photography leads us along the streets, on the mean that is both symbol of the city and of the trip: the tram. The result is a travel note book made of photographic narration. Just as the enjoyer of the picture was taken by the hand and lead along the streets of the metropolis and proceeded, encouraged to observe exactly the image which had hit the photographer until flowing into free cooperation between the watcher, provided with pinhole, and the subject. The whole action is mediated by the machine which
produces, as in the case of the pictures you can find here, results that are interesting just because they’re unique.
Refusing the usual elements of photographic refinement, such as a planned composition, increases the interest towards the pure results, without any artifice: simultaneous translation of vision through the extension of the eye: a photographic machine.
Clear-cut perspectives cross ancient paths and linger, sharp, on walls patched up by time; electric cables crack the summer terse air and get overload by human weight and mechanic one, giving no sign of tiredness, railways and light sparkle in the night as snakes illuminated by the moon.
Lisbona, narrated metropolis, in which the limits between art and the so-called life, among objects and events, between the willed and the non-intentional, between professional people and amateurs, between noble and vulgar, between the artisan’s skill and the lucky mistakes… all this is gathered, at the same time, inside the most realistic and the more superficial of mimetic arts: photography.
In a cosmopolitan and modern, yet still conservative and traditionalist city as Lisbona appears to the observer, the photographical lens remains the more attractive point of view.
A city which wins you without hurry, slowly induces the enjoyer to fall in love with it. Every angle-shot is different from each other, it changes its shape according to the point of view and results fickle and malleable according to the perspective of the watcher. A floating mix of smells, tastes, flavours among which the fragrance of cinnamon is imperative; kaleidoscopic colors multiplied hundreds of
times by azulejos, characteristic tiles made of pottery on which light bounces back, frenzy. The irregular pavings give a gay aspect to the promenades, and the several trams and elevadores look like coming straight from old prints covered by the dust left by time; they come to the aid of the tourists throughout the tangled and continuous hilly streets.
Shops next to each other, stuffed by old times’ utility articles: haberdashers’, ironmonger’s shops, shoemakers… everything crowns that country climate which is difficult to be recognized in other cities of those dimensions, of such an importance.
As in the Italy of the 50s, even nowadays in Lisbona the people sits placidly in front of the cafés, chatting, not bound at all by the craze and and the persistence of the smania of ‘doing’. And the photographical release fixes all this. As easily as we can meet two old women sewing on the steps of their house, we can also notice, on the opposite side of the street, a coloured joung man whitewashing the balcony. It’s the power of metropolis: races, etnies and religions are overturned in the same melting pot, at the aim of being mixed without distinction, exactly as the ingredients of a magic potion.
And the group of photography leads us along the streets, on the mean that is both symbol of the city and of the trip: the tram. The result is a travel note book made of photographic narration. Just as the enjoyer of the picture was taken by the hand and lead along the streets of the metropolis and proceeded, encouraged to observe exactly the image which had hit the photographer until flowing into free cooperation between the watcher, provided with pinhole, and the subject. The whole action is mediated by the machine which
produces, as in the case of the pictures you can find here, results that are interesting just because they’re unique.
Refusing the usual elements of photographic refinement, such as a planned composition, increases the interest towards the pure results, without any artifice: simultaneous translation of vision through the extension of the eye: a photographic machine.
Clear-cut perspectives cross ancient paths and linger, sharp, on walls patched up by time; electric cables crack the summer terse air and get overload by human weight and mechanic one, giving no sign of tiredness, railways and light sparkle in the night as snakes illuminated by the moon.
Lisbona, narrated metropolis, in which the limits between art and the so-called life, among objects and events, between the willed and the non-intentional, between professional people and amateurs, between noble and vulgar, between the artisan’s skill and the lucky mistakes… all this is gathered, at the same time, inside the most realistic and the more superficial of mimetic arts: photography.
ESP
Não tem melhor meio de narrar a fotografia quando a intensão è que a imagem se perpetue. E não ha um melhor meio de narrar, quando se deseja contar uma viajem.
Em uma cidade cosmopolita e moderna, e ainda conservadora e tradizionale como se pode apresentar Lisboa aos expectadores, o objetivo fotografico resta o ponto de vista mais atraente.
Uma cidade que conquista sem pressa, trasmitindo lentamente ao fruidor de encantar-se. Cada angulo è diferente un do outro, muda a forma dependendo do angulo e se camufla maleavelmente, dependendo o ponto do observador. Uma mistura de cheiros que flutua gostos e sabores entre os quais predomina a fragranzia da canela, cores calendoscopicas multiplicadas na maior potencia nos azulejos caracterizados dos tijolos de ceramica, nos quais as luzes se refletem frenezias.
Pavimentação irregular dão um aspecto de alegria aos passantes e varios bondes e elevadores parecem ate que sairam de um velho cartão postal, empoeirado e esquecido no tempo e pego dos turistas nas intrigados e continuous sobe e desce.
Lojas uma perto da outra repletas de varios objetos de outros tempos, mercearias, lojas de ferramentas, sapateiros em tudo reina um clima cidade pequena que dificilmente se encontra em outra cidade de tal dimensão e importancia.
Assim como na Italia dos anos cinquenta, ainda hoje em Lisboa, as pessoas que nela vivem, se sentam tranquilamente nos bares a conversar, não procupado-se com o stress e correria de quem tudo faz. E então, se faz uma foto que fixa tudo aquilo com a mesma facilidade em que podemos encontrar duas senhoras idosas costurando na escada da propria casa, e no mesmo tempo no outro lado da rua um jovem de cor que esta pintando o balcão. È o poder da metropole: razas, etnias e religiões, tudo misturado em um so’ caldeirão sem distincão, exatamente como em um tempero magico.
E o grupo de fotografias que nos acompanham pelas ruas, no meio da rua, que è o simbolo ambiguo da cidade e da viajem: o bonde è o resultado, a conclusao da viajem e a narração fotografica, como se o fruidor da viajem tambem fosse pego oelas maos, acompanhado pelas ruas metropolitanas e continuasse com entusiasmo a observar a imagem que atrae na livre cooperação entre o observador que possui o foro
stenopeico e o objetivo. Toda esta ação è reproduzida atraves da maquina fotografica, como no caso da imagem, que mostra resultados interessantes, proprio porque è unica. O rejeito das consuetudines, elementos de refinadas fotografias, qual a composição estudada am escrivaninha, nos faz aumentar o interesse nos resultados expontaneo da visão atraves de um alungamento dos olhos: a maquina fotografica.
Imagens vistas em modo que atravessam antigas ruas. Nitidas as paredes remendadas de tintas do tempo que passou, fios elétricos dividem o ar iluminando o verão e sobrecarregado do peso humano e mecanico nao demostram cansaço, binarios e luzes que de noite brilhan come serpentes iluminados da lua. Lisboa metropole narrada, na qual os confins entre a arte e o modo de ver, entre experiências e prospectivas, entre o que se quer e não, entre o professional e não professional, entre o bom e ruim, entre o bom resultado e pequenos erros…tudo isto colocado juntos no mesmo tempo, dentro de uma das realidades artes mais superficiais representada da uma particolar abilidade: a fotografia.
Em uma cidade cosmopolita e moderna, e ainda conservadora e tradizionale como se pode apresentar Lisboa aos expectadores, o objetivo fotografico resta o ponto de vista mais atraente.
Uma cidade que conquista sem pressa, trasmitindo lentamente ao fruidor de encantar-se. Cada angulo è diferente un do outro, muda a forma dependendo do angulo e se camufla maleavelmente, dependendo o ponto do observador. Uma mistura de cheiros que flutua gostos e sabores entre os quais predomina a fragranzia da canela, cores calendoscopicas multiplicadas na maior potencia nos azulejos caracterizados dos tijolos de ceramica, nos quais as luzes se refletem frenezias.
Pavimentação irregular dão um aspecto de alegria aos passantes e varios bondes e elevadores parecem ate que sairam de um velho cartão postal, empoeirado e esquecido no tempo e pego dos turistas nas intrigados e continuous sobe e desce.
Lojas uma perto da outra repletas de varios objetos de outros tempos, mercearias, lojas de ferramentas, sapateiros em tudo reina um clima cidade pequena que dificilmente se encontra em outra cidade de tal dimensão e importancia.
Assim como na Italia dos anos cinquenta, ainda hoje em Lisboa, as pessoas que nela vivem, se sentam tranquilamente nos bares a conversar, não procupado-se com o stress e correria de quem tudo faz. E então, se faz uma foto que fixa tudo aquilo com a mesma facilidade em que podemos encontrar duas senhoras idosas costurando na escada da propria casa, e no mesmo tempo no outro lado da rua um jovem de cor que esta pintando o balcão. È o poder da metropole: razas, etnias e religiões, tudo misturado em um so’ caldeirão sem distincão, exatamente como em um tempero magico.
E o grupo de fotografias que nos acompanham pelas ruas, no meio da rua, que è o simbolo ambiguo da cidade e da viajem: o bonde è o resultado, a conclusao da viajem e a narração fotografica, como se o fruidor da viajem tambem fosse pego oelas maos, acompanhado pelas ruas metropolitanas e continuasse com entusiasmo a observar a imagem que atrae na livre cooperação entre o observador que possui o foro
stenopeico e o objetivo. Toda esta ação è reproduzida atraves da maquina fotografica, como no caso da imagem, que mostra resultados interessantes, proprio porque è unica. O rejeito das consuetudines, elementos de refinadas fotografias, qual a composição estudada am escrivaninha, nos faz aumentar o interesse nos resultados expontaneo da visão atraves de um alungamento dos olhos: a maquina fotografica.
Imagens vistas em modo que atravessam antigas ruas. Nitidas as paredes remendadas de tintas do tempo que passou, fios elétricos dividem o ar iluminando o verão e sobrecarregado do peso humano e mecanico nao demostram cansaço, binarios e luzes que de noite brilhan come serpentes iluminados da lua. Lisboa metropole narrada, na qual os confins entre a arte e o modo de ver, entre experiências e prospectivas, entre o que se quer e não, entre o professional e não professional, entre o bom e ruim, entre o bom resultado e pequenos erros…tudo isto colocado juntos no mesmo tempo, dentro de uma das realidades artes mais superficiais representada da uma particolar abilidade: a fotografia.
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