SCATTO DI NECESSITA’
Testo di presentazione della mostra
Dal Manifesto della manifestazione “Stato di Necessità”
MANIFESTO: Cura
“Gli effetti delle azioni dell’uomo sugli equilibri della natura crescono esponenzialmente: sono sempre più frequenti eventi naturali inaspettati e con esiti catastrofici, le risorse non rinnovabili che giocano un ruolo essenziale nelle nostre economie si stanno esaurendo.
Non si può più sfuggire ad un’assunzione di responsabilità.
L’architettura si configura come la disciplina depositaria dell’assunzione della responsabilità nella cura del mondo fisico, della sua difesa e della comprensione dei risultati e delle cause dei fenomeni di trasformazione.
La cura, l’aver cura, corrisponde all’interessarsi, all’occuparsi con sentimento e senza ritorni materiali, all’essere attento alle esigenze dell’altro, al preoccuparsi sentitamente e con partecipazione per qualcosa.
Cura è un termine che porta in se il senso del pianificare, calcolare, prevedere, e progettare guardando al futuro per migliorare il presente (agire per scenari, progetti previsionali in grado di innescare processi di trasformazione).”
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MANIFESTO: transitorietà
Dice Dino Formaggio: La cultura oggi non è più una cultura dell’essere, è una cultura del divenire; ed in una cultura del divenire l’asse fondamentale non è più lo spazio neppure per l’architettura.
La frammentarietà e la mutevolezza dei tempi del presente introducono delle nuove possibilità di senso per l’architettura oggi.
Il contenuto profetico del progetto si trova a scontrarsi con l’enorme difficoltà nel prevedere e guidare evoluzioni tanto frammentate quanto individualizzate.
La firmitas dell’architettura realizzata si confronta con la rapide trasformazioni di modi d’uso e desideri dell’utente.
La velocità con cui cambiano gli stili di vita e i riferimenti introduce un tempo contratto sia nello sviluppo del pensiero progettuale, sia nella fruizione degli edifici e degli spazi realizzati. L’architettura cammina sul filo teso tra durata ed effimero.”
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MANIFESTO: Incontro
“I ritmi individuali che palpitano nella città sono difficili da catalizzare in grandi luoghi centrali dell’incontro. Allo stesso tempo, paradossalmente, il desiderio di centralità urbana – di unisono, quindi – ricomincia a farsi sentire, soprattutto tra i cittadini più abbienti.
Emergono possibilità di connessione virtuale sempre nuove e ciò non solo amplifica enormemente le possibilità di relazione, ma permette anche spesso di superare le difficoltà logistiche dell’incontro tra individui.
Eppure non vale affatto la pena di rinunciare all’esperienza sensoriale della relazione fisica con l’altro, all’incontro casuale con qualcuno di diverso, con qualcuno che non si è volutamente cercato.
E’ urgente una riflessione sui modi e sui luoghi dell’incontro.”
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MANIFESTO: Spazi eterotopi
“Nel dare forma e carattere tanto allo spazio domestico, quanto alla città e al territorio l’architettura incontra nuove esigenze e nuovi desideri.
Alla definizione di regole tipologiche, strettamente legate all’idea di funzione “monocratica” si contrappone la necessità di delineare spazi fluidi, flessibili, ed eterotopi.
Ad un’idea di città gerarchica, che cresce per spazi concentrici attorno ai luoghi-simbolo del senso di appartenenza della cittadinanza si sovrappone una rete di spazi d’incontro informali, interstiziali, dove la “norma calata dall’alto” cede il passo all’autocostruzione.”
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MANIFESTO: Riconversione
“La complessità della questione si arricchisce se si considera anche che “lo spazio entro il quale vivremo i prossimi decenni è in gran parte già costruito. Il tema è ora quello di dare senso al futuro attraverso continue modificazioni alla città, al territorio, ai materiali esistenti.” [B.Secchi]
Abituati da tempo alla possibilità di scegliere dove insediarci, ci ritroviamo a fare i conti con la necessità di convertire il costruito e adattarlo alle nostre esigenze.
Ad un problema di carenza di spazi liberi si sovrappone, come risposta al corrente periodo di crisi economica, un’esigenza di necessità.”
Today more than ever before, we are overwhelmed by images. A return to the essentials, to chromatic and formal minimalism, to the purity of image, seems to us the right way to acquire a positive, sensitive view of the great subject of our endeavour: man, with his needs and his hopes.
An intimate view by way of allusion, in order to unveil fragility and desire, and look to the future with innocent trust.
Man is the one responsible for what surrounds him. He may decide to build or destroy, to change and reinterpret space and place, and in so doing, affect the quality of his life.
His body is the only space from which he cannot depart; irremediably, it always remains the absolute, real place.
Photography creates a different place by which he can view himself. It is necessary, since it represents the historic memory of beauty and error. It is an inexhaustible archive of what has been.
CARE > “If a day goes by in which I have not done something linked to photography, it’s as if I’d neglected something essential. It’s as if I’d forgotten to wake up” (Richard Avedon)
To look at oneself and show oneself in photographs becomes an essential stage in the journey leading to self-discovery.
Photography as knowledge of oneself and one’s needs.
In response to man’s needs it is essential to accept responsibility for improving the physical world to be handed down to future generations.
EPHEMERAL > “It’s strange the way eternity lets itself be captured in an ephemeral fragment rather than a vast continuity” (Elsa Morante)
Photography allows us to arrest time, and in this sense it opposes the ephemeral. What is precarious becomes fixed, giving us a chance to stop and examine situations and moments in visions which are otherwise fleeting.
Photography is a form of expression, and as such should be interpreted: “behind the lens the gaze becomes a projection of thought, and feeling merges with reality to such a point that it turns any image into a fact to be interpreted, a fragment of mental reporting”.
ENCOUNTER > “To photograph is to put on the same aiming level, the mind, the eyes and the heart” (Henri Cartier Bresson)
The click of a camera is in itself an encounter between subject and author.
The feverish pace of life today, the plethora of centres of interest and the increasingly widespread forms of virtual contact, have tangibly modified human relations and created new meeting places.
Persons who never meet physically create unreal relationships by way of mirrors, remaining imprisoned in the same framework.
CONVERSION > “What photography reproduces ad infinitum has taken place only once: photography mechanically repeats what can never be repeated existentially” (Roland Barthes)
What is the relationship between architecture and joy?
To give new life to unused, abandoned spaces is the choice made in many cities as a possible alternative to consumption of the territory. The purpose of such reconversion is often to create space dedicated to culture, thought and social encounters.
By learning to rediscover in buildings and objects, gifts and qualities present in man as well, we have a chance to know ourselves better.
HETEROTOPE SPACES > “Those spaces which have the particular quality of being connected to all other spaces in such a way as to suspend, neutralise or invert the set of relations which they themselves designate, reflect or mirror” (Michel Foucault)
It is such places that have fascinated us, for in them we have found emblematic instances of the way in which encounters proceed today. Our times are marked by a rise in opportunities for meeting, but also by a widespread superficiality in human relations, due to modern forms of communication, a relative scarcity of free time, and individualism.